L’altro giorno ho portato mio figlio di quasi tre anni dalla Tagesmutter a Trento Nord.
Erano le 9 di mattina, ho visto il trattore con l’atomizzatore passare nel campo di mele che circonda per tre lati lo stabile in cui è situato l’appartamento che eroga il servizio di nido famigliare.
Mi è stato subito dopo riferito da persone che abitano al terzo piano dello stesso stabile (la Tagesmutter abita sullo stesso piano) che quando il vicino agricoltore irrora, è meglio chiudere le finestre perché l’odore è forte e la gola irritata.
Leggendo il regolamento provinciale del 23 febbraio 2017 “in materia di misure relative all’utilizzo dei prodotti fitosanitari sul territorio provinciale” si evince che le norme sono molto dettagliate e complesse.
Il regolamento attua una distinzione tra “aree specifiche” e “luoghi sensibili” da un lato e porzione restante del territorio. Distingue inoltre tra prodotti tossici, molto tossici o con specifiche indicazioni in etichetta e prodotti diversi da questi. In particolare sono definite aree specifiche tra le altre anche le scuole per l’infanzia e gli asili nido, nonché parchi e giardini, come molti di noi già sanno.
Le distanze da rispettare per l’utilizzo dei prodotti variano a seconda del tipo di sostanze utilizzate.
Vorrei evidenziare l’estrema complessità e diversificazione del regolamento su più fronti. Mi chiedo come si destreggino gli agricoltori nella sua applicazione e come sia possibile effettuare controlli efficaci.
In particolare mi chiedo perché sia consentito utilizzare prodotti dichiaratamente tossici (sigla in etichetta) “fino a una distanza non inferiore a 10 metri dalle predette aree” (si intendono le “aree specifiche” e “luoghi sensibili”)
Significa che nei campi intorno al nido famigliare dove giocano mio figlio e i suoi compagni, sebbene con restrizioni rispetto all’orario di utilizzo e alla distanza in metri, è consentito l’uso di prodotti che possono “ridurre la fertilità”, “danneggiare i bambini non ancora nati”, mettere a possibile rischio i bambini allattati al seno, causare possibili “effetti irreversibili”.
Non trovo logico che questi prodotti vengano consentiti in qualsiasi area, a qualsiasi distanza, perché:
– il rischio a cui espongono è troppo elevato per la salute dei cittadini, agricoltori inclusi
– non c’è sufficiente certezza del rispetto scrupoloso del regolamento
– il regolamento è di per sé di difficile attuazione, a causa dei numerosi distinguo che pone
– le sanzioni, a causa dell’incertezza del controllo, non possono fungere da deterrente.
– sappiamo che i pesticidi amano “viaggiare”. È del 27 marzo 2017 la notizia di tracce di fitofarmaci sul ghiacciaio Presena.
Le alternative a questi prodotti e al modello agricolo in cui trovano applicazione ci sono.
Se non vogliamo cambiare per noi stessi, se ci risulta difficile cambiare abitudini consolidate per decenni, riflettiamo sui diritti dei nostri figli.
Diritti, non opzioni di lusso.
E’ impensabile sia un lusso, da pagare in contanti, la possibilità di godere di una natura sicura!
Mandiamo i bambini a respirare “aria pura” durante le settimane estive, mentre per il resto dell’anno sono obbligati a convivere con continue situazioni di rischio per la salute, non da ultima quella causata dal ricorso ai pesticidi tossici.
A chi verrebbe in mente di ostacolare il lavoro dell’agricoltore? Non è l’agricoltore in quanto tale che va penalizzato, ma il ricorso autodistruttivo a pratiche agricole che non solo sono dannose ma anche sostituibili.
Posso io rassegnarmi all’idea di consegnare ai nostri figli e ai nipoti dei loro nipoti un mondo nel quale il pericolo più grave è costituito dalle conseguenze di problemi causati da noi stessi?
Con la consapevolezza inoltre che conosciamo i problemi ma non avvertiamo con sufficiente urgenza la necessità di apportare modifiche ai nostri comportamenti?
Siamo dentro a un cortocircuito cognitivo e culturale: sappiamo ma non agiamo.
Dobbiamo cambiare ma ci areniamo in minimi mutamenti di forma, per paura che incidere sulla sostanza, sulla mentalità di fondo, sarebbe troppo faticoso. E la logica che ci appartiene è quella economica dei costi e dei benefici. Allora inseriamo nei costi non solo i riconosciuti danni ambientali e alla salute provocati dai pesticidi di sintesi, ma anche il senso di insicurezza, anzi depressione, motivato dalla percezione di un degrado ambientale che non può più essere minimizzato, il ritiro dalla vita democratica per senso di impotenza, il conflitto tra la voglia di procreare e la paura di esporre i propri figli a un mondo che non può accoglierli, non come meriterebbero.
Dalla convenzione ONU del 1989 sui Diritti dei bambini:
“Nessuno dovrebbe farti del male in nessun modo.
Gli adulti dovrebbero assicurarsi che tu sia protetto da (…)negligenze.(…)
Lo scopo della tua istruzione è di sviluppare al meglio la tua personalità, i tuoi talenti e le tue capacità mentali e fisiche. L’istruzione dovrebbe anche prepararti a vivere in maniera responsabile e pacifica, in una società libera, nel rispetto dei diritti degli altri, e nel rispetto dell’ambiente.”
Convenzione delle Nazioni Unite del 1989, Diritti dei bambini
E per il pedagogista Zavalloni i bambini hanno tra gli altri il diritto naturale a sporcarsi, ovvero “a giocare con la sabbia, la terra, l’erba, le foglie, l’acqua, i sassi, i rametti”, agli odori, “a percepire il gusto degli odori, riconoscere i profumi offerti dalla natura”, ad un buon inizio, “a mangiare cibi sani fin dalla nascita, bere acqua pulita e respirare aria pura”, alla strada, “a giocare in piazza liberamente, a camminare per le strade, al selvaggio, “a costruire un rifugio-gioco nei boschetti, ad avere canneti in cui nascondersi, alberi su cui arrampicarsi”.
Per garantire questi diritti è indispensabile modificare radicalmente il nostro sguardo sui problemi ecologici.
Il futuro deve smettere di costituire una minaccia e tornare a diventare promessa.
Si deve partire da noi, da quello che ci tocca più da vicino.
Dalle nostre leggi, dalla loro corretta applicazione, anzi dalla loro modifica e semplificazione se necessaria, perché siano adatte senza dubbio a garantire i diritti dei bambini. Non ci può essere una distinzione tra aree di serie “a” e aree di serie “b”. E i pesticidi di sintesi devono essere banditi senza se e senza ma.
Ma non si tratta semplicemente di tutelare la nostra salute. Lo dobbiamo al territorio, a quella che altre culture chiamano semplicemente Madre, la Terra.
Ha il diritto di essere preservata in quanto tale, nella sua bellezza, nella sua integrità.